lunedì 24 settembre 2018

TOSSICODIPENDENZE

TOSSICODIPENDENZE 
Che cos'è una tossicodipendenza? 
Con questo termine si intende comunemente l'assoluta, impellente necessità di assumere una droga o un farmaco.  

Dal punto di vista scientifico, si indica come tossicodipendenza "l'insieme di manifestazioni cliniche e comportamentali legate all'assunzione acuta e cronica di sostanze stupefacenti in grado di dare dipendenza psichica e/o fisica".

 La dipendenza psichica, che si ha nella maggior parte dei casi, si estrinseca nello stimolo, impellente e incontrollabile, ad assumere continuamente la sostanza stupefacente. La dipendenza fisica nasce dal fatto che l'individuo sviluppa assuefazione nei confronti della sostanza, per cui deve assumerne dosi sempre maggiori per ottenere gli effetti desiderati.

La maggior parte delle tossicodipendenze ha inizio occasionalmente, per gioco o per sfida, spinti dalla convinzione (del tutto errata) di smettere quando lo si desidera. La tossicodipendenza crea disturbi nel breve e nel lungo termine che si rivelano disastrosi per la propria incolumità:  
si inizia con la somministrazione occasionale di una sostanza, per passare successivamente all'assunzione abitudinaria, fino al momento in cui si crea una vera e propria dipendenza e tolleranza dalla droga, nel senso che l'individuo necessita una dose sempre più elevata di sostanza per ottenere lo stesso effetto. 

Quali sono le sostanze più comunemente usate dai tossicodipendenti? 
Assai numerose sono le sostanze che possono dare luogo a un'intossicazione da droga. Esse possono esser distinte in base alle loro caratteristiche chimiche o agli effetti. Possono: 
  • Combattere stati d'ansi 
  • Provocare effetti sedativi e sonniferi capaci di provocare stati di euforia e benessere   
  • Ridurre la sensazione di fatica, di suscitare, a volte, allucinazioni 
Ssono aggiunte negli ultimi anni nuove sostanze che hanno purtroppo trovato rapida diffusione. Tra queste: 
  1.  l'ecstasy l'ice, che inducono dipendenza psicologica 
  1.  il crack, un estratto naturale della pianta di coca che provoca senso di euforia e benessere, e dà dipendenza sia fisica sia psicologica 
  1.  il khat, droga che induce dipendenza fisica e psicologica 
  1.  lo speed ball che agisce con grande rapidità sul sistema nervoso e crea dipendenza fisica e psicologica. 

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 Quali danni possono essere provocati dall'uso delle droghe? 
Le differenti proprietà farmacologiche e le diverse caratteristiche chimiche delle droghe sono causa, per la salute, di conseguenze negative di vario tipo. La gran parte, tuttavia, provoca turbe dell'umore (apatia o irritabilità), deterioramento psichico, decadimento fisico, stati d'ansia o di depressione, riduzione delle capacità organiche di difesa contro altre malattie. Gli oppiacei possono causare anche anoressia, impotenza e sterilità; gli stimolanti e gli allucinogeni provocare vere e proprie psicosi; i solventi volatili indurre forme morbose interessanti il fegato, il rene, il cuore e l'emopoiesi. Va poi rilevato che altre malattie o altri eventi possono essere più o meno diretta conseguenza dell'uso di droghe.  L'abitudine tra i tossicodipendenti di utilizzare in gruppo le siringhe per iniettarsi sostanze stupefacenti può favorire la diffusione di patologie infettive trasmissibili attraverso il sangue, come l'epatite o l'AIDS. Conseguenza dell'uso di sostanze allucinogene sono stati atti di suicidio, conseguenti a una perdita di rapporto con la realtà. Va ricordato infine che dosi massicce (overdose) di talune droghe e l'uso di droghe pure da parte di chi ha invece abitualmente utilizzato dosi mescolate a sostanze inerti possono provocare la morte anche in brevissimo tempo. 

Come si può prevenire l'uso delle droghe? 
Il mezzo più efficace per combattere la diffusione degli stupefacenti appare essere l'educazione sanitaria, impartita sin dalla più giovane età, nella scuola. Ogni altra occasione di vita comunitaria (per esempio, il lavoro, il servizio militare) può essere parimenti sede di iniziative educative. 

È possibile curare una tossicodipendenza? 
La difficoltà maggiore che si può incontrare nella cura di disintossicazione sta nella necessità di un'attiva collaborazione dello stesso tossicodipendente, che, però, non sempre desidera uscire dal suo stato. Il divezzamento, infatti, non ha grandi possibilità di successo se non c'è la volontà dell'interessato. Per questo possono essere di aiuto, oltre alla psicoterapia, l'esistenza di qualche specifica, sia pur occasionale, motivazione che solleciti un cambiamento di comportamento (per esempio, un nuovo lavoro, un innamoramento) o la collaborazione di altri individui che hanno avuto un'analoga esperienza (come può accadere se il divezzamento viene tentato in una comunità terapeutica).  

Testimonianze (comunità Shalom Palazzolo sull'Oglio: 
Mi chiamo Beppe, e sono nato a Cremona in una famiglia di sani principi, dove mi hanno insegnato ad essere educato con le persone che mi stavano vicino. Fino all’età di tredici anni sono stato sempre ubbidiente. All’età di quattordici anni con alcuni amici cominciai a frequentare l’ambiente delle discoteche, a bere e quasi sempre dopo queste uscite tornavo a casa alle due o alle tre del mattino, ubriaco e sconvolto. Nello stesso tempo lavoravo in un panificio dove conobbi altri ragazzi con i quali cominciai a fumare marijuana e per molti anni sono andato avanti così, bevendo e fumando. I miei genitori non sapevano nulla perché mi nascondevo il più possibile e non mi aprivo mai con loro. Nel 1974, il grande salto, con alcuni amici cominciammo a fare uso di eroina. Ricordo ancora la prima dose che mi fu presentata, eravamo in un giardino, e un mio amico sciolse la roba nel cucchiaino. Ricordo ancora le sue parole mentre mi chiedeva di porgergli il braccio. Era la prima volta che mi bucavo e avevo meno di 17 anni. Cominciai così a cercare soldi in casa mia per procurarmi l’eroina. Mio padre ben presto venne a sapere che facevo parte di un gruppo di ragazzi che giravano insieme per andare a rubare. Così un giorno venne da me e mi disse: "E’ vero che tu fai uso di eroina?" Io cercai in tutte le maniere di negare l’evidenza perché avevo paura di mio padre e gli raccontavo un sacco di frottole, fino a che un giorno venne verso di me, mi alzò le maniche della camicia, e vide le mie braccia segnate dalle siringhe che usavo. Mi pose delle condizioni: se volevo continuare a vivere in casa dovevo smettere di bucarmi, altrimenti avrei dovuto prendere la mia strada. Decisi di lasciare la mia casa e andai a vivere con un mio amico che al tempo spacciava droga. Era una casa dove c’era un via vai di tossicodipendenti che veniva sia per comprare che per bucarsi. Mi inoltrai in quella strada che non abbandonai se non dopo 10 anni, facendo cose assurde, continuando a rubare e finendo anche in carcere. Lì dentro avevo molto tempo e cominciai a riflettere domandandomi che cosa stavo facendo della mia vita, il dispiacere provocato ai miei genitori, ecc... Ma neanche questo riusciva a fermarmi, continuavo ad usare eroina nonostante tutto, arrivai fino al punto di raccogliere siringhe per la strada, ero completamente stravolto e un giorno mi trovai mezzo morto, buttato sopra un marciapiede. Ricordo ancora quando venne l’ambulanza a prendermi, per portarmi in ospedale, pensai: “questa volta muoio”. Quando mi risvegliai mi arrabbiai con gli infermieri dicendo: "Ma cosa mi avete fatto, io stavo così bene dove mi trovavo". Mi avevano tolto lo sballo e mi avevano rimesso in sesto. Cominciai a gridare e a battere i pugni sul tavolo. Scappai dall’ospedale e tornai per la strada, la mattina seguente ero di nuovo in cerca di eroina. Alle volte non mangiavo per due giorni, ero così legato e immerso nella droga che arrivai a pesare 45 chili, ogni giorno dovevo recuperare dalle 200 alle 300 mila lire per soddisfare il mio bisogno. Per 10 anni questo è stato il mio incubo. Mio padre diverse volte ha cercato di venirmi incontro, e una volta mi portò in ospedale per farmi disintossicare, ma quando uscivo tornavo a fare quello che facevo prima, e pensavo che ormai quella fosse la mia vita. Un giorno, mi trovavo in un giardino di Milano ed ero seduto su una panchina pensando a come potevo far soldi, perché stavo male e avevo bisogno della mia dose giornaliera. Due ragazzi si avvicinarono a me e mi invitarono ad andare con loro in una comunità. Io dissi loro che avevo ormai provato con ogni mezzo ad uscirne, ma niente aveva potuto aiutarmi. Poi decisi di seguire il consiglio, quando arrivai vidi dei ragazzi che avevano fatto la mia stessa esperienza e mi raccontarono cose meravigliose di come erano stati trasformati e perdonati da ogni peccato. Il responsabile della comunità mi disse che Gesù avrebbe potuto cambiare anche la mia vita, mi disse che c’era speranza anche per me e da quella sera stessa decisi di andare a vivere in questa comunità, che attualmente sta aiutando molti giovani. Una sera, proprio in questa comunità, gridai a Dio chiedendogli di perdonarmi i miei peccati, e Dio lo fece, dandomi la gioia di vivere.