martedì 4 giugno 2019

Lo sviluppo psicosessuale del bambino


                                                        

La teoria dello sviluppo psicosessuale è stata formulata da Freud in pieno periodo vittoriano (1900).  Questa straordinaria intuizione di Freud consente di differenziare la sessualità infantile con quella adulta. Occorre non identificare più la sessualità con l'attività genitale dell'individuo adulto, ma scoprire che esiste anche una sessualità nel bambino. Freud identificava la "ricerca del piacere fisico", che è presente in ogni momento della vita di un individuo, perciò definisce il bambino "perverso poliformo". Il bambino è perverso perché ricerca il piacere senza alcun interesse al fine riproduttivo. Ed è poliformo perché ricerca il piacere attraverso vari organi e tramite diverse zone erogene. 
Nel 1905, Sigmund Freud propose che lo sviluppo psicologico nell'infanzia avveniva attraverso una serie di stadi psicosessuali fissi: orale, anale, fallico, latente e genitale. 

                

Il primo stadio, che corrisponde alla fase oraleè relativo al primo anno di vita; è una fase di autoerotismo, il che vuol dire che non conosce oggetti e la zona erogena è la bocca, quindi è lì che si concentrano gli impulsi libidici e le prime manifestazioni affettivo-sessuali del bambino. Inizialmente, attraverso la l’allattamento, il bambino non viene solo nutrito, ma sperimenta le prime esperienze di piacere; è solo in una fase successiva, che la bocca non viene più utilizzata solo per la gratificazione alimentare, ma diviene un organo di conoscenza della realtà, quindi il piacere non è più legato al bisogno di essere nutrito, ma viene provocato dalla suzione di oggetti diversi dal seno, in particolare, da parti del proprio corpo, come il pollice. 
 La fase sadico-analeriguarda il secondo anno di vita, dove il bambino acquisisce un’indipendenza motoria; in questa fase, gli impulsi libidici si spostano dalla bocca alla nuova zona erogena, quella anale, grazie all’acquisizione del controllo degli sfinteri (muscoli posti nella zona anale). Il bambino sperimenta un rapporto positivo con le sue feci, perché le vive come parti del proprio corpo, quindi ora la gratificazione è legata all’atto del trattenere e lasciar andare le feci, poiché è attraverso la valorizzazione dei prodotti della defecazione che il bambino esprime le opposte tendenze che dominano in lui e che possono essere: autoerotiche, quindi il bambino può trattenerle come gratificazione personale, possono essere un segno di amore, quindi il piccolo può offrire le sue feci alla madre come un regalo e infine possono esprimere aggressività e dominio, quindi l’infante può ad esempio lasciarle andare per sporcare ed esprimere la sua ostilità.  
La fase fallica, si svolge durante il terzo e il quarto anno di vita ed è caratterizzata dalla concentrazione delle pulsioni libidiche sugli organi genitali, che quindi vanno a rappresentare la successiva zona erogena. Per quanto riguarda il bambino quindi, la zona erogena è costituita dal pene, chiamato anche fallo. Mentre, per quanto riguarda le bambine, la zona erogena è costituita dall’organo genitale femminile, in particolare dal clitoride. 
Il periodo di latenza, corrisponde all’intervallo dai cinque agli undici anni circa, questa fase è caratterizzata dalla rimozione del complesso edipico e dal fatto che la libido è dormiente, quindi le pulsioni sessuali vengono sublimate verso scopi socialmente accettabili e attività adattive È proprio in questa fase che il bambino inizia a socializzare e a sviluppare i primi rapporti amichevoli con i ragazzini del suo stesso sesso e a focalizzarsi sulle attività che caratterizzeranno il suo sviluppo, come lo sport e la scuola. 
La fase della pubertà, è caratterizzata dall’integrazione delle pulsioni parziali sotto il primato genitale, quindi lo stato di auto-erotismo lascia il posto a quello di amore oggettuale; se nella fase precedente la libido era latente, durante la fase della pubertà le pulsioni sessuali sono nuovamente investite di libido e l’oggetto d’amore incestuoso si ripresenta. Solo a seguito del ritorno edipico, l’individuo sarà capace di spostare il suo interesse verso altri oggetti esterni al nucleo familiare, maturando così la rinuncia ai genitori come oggetti sessuali infantili.                     

COMPLESSO DI EDIPO SECONDO FREUD 

Verso i tre anni, o i due anni e mezzo, il bambino diventa possessivo nei confronti della madre, chiede più coccole e tenerezze. Può anche cercare di intromettersi nell'intimità sessuale dei genitori entrando, per esempio, in camera loro senza bussare. Per quanto concerne le bambine, questa fase corrisponde al momento in cui cercano di conquistare il papà e di attirare continuamente la sua attenzione, mentre la madre diventa, al tempo stesso, una rivale ed un modello. Freud la chiama fase fallica, poiché il bambino, in piena fase di scoperta del proprio corpo, capisce che il pene è un elemento importante nell'intimità dei suoi genitori, dalla quale lui però è escluso.  Non riuscendo in queste incoscienti manovre di seduzione, spesso il bambino, tra i tre e i cinque anni, soffocherà la propria contrarietà, che finirà per esprimersi attraverso attacchi di collera e incubi. Freud definisce questa fase complesso di castrazione, che consiste nel timore di perdere il pene, poiché di fronte al proprio desiderio, il bambino pensa che la punizione inflitta dal padre sia giusta. 
Come si esce dal complesso di Edipo? Generalmente, tra i 5 e i 7 anni, si passa attraverso una fase chiamata da Freud risolutiva, durante la quale il bambino rinuncerà a prendere il posto del genitore del suo stesso sesso, respingendo nel proprio inconscio le sue emozioni e le sue passioni.  Verso i cinque o i sei anni infatti, inizia l’età in cui le bambine vogliono imitare la mamma e in cui i bambini sono felici di adottare comportamenti simili a quelli del papà e di condividere delle attività con lui. Questi comportamenti sanciscono concretamente il superamento del complesso edipico e l'ingresso in una nuova fase che accompagnerà la crescita del bambino e il suo corretto approccio psicologico nei confronti della figura paterna e materna. 
Secondo Freud, nella crescita di un bambino, un complesso di Edipo irrisolto sarebbe all'origine della maggior parte dei disordini psichici. Spesso infatti, nell'età adulta, la ricerca difficoltosa di un partner, e una conseguente relazione problematica, nasce proprio da un rapporto non risolto con il genitore del sesso opposto. In questo caso si parla appunto di complesso di Edipo non superato. Idealizzazione, rabbia repressa, incapacità di comunicare e tensioni nascoste accumulate nel tempo possono determinare una difficoltà di approccio con il sesso opposto che nasce da un rapporto tutt'altro che risolto con la madre o, nel caso del complesso di Elettra, con il padre.  Tuttavia, questo complesso sembra poter esistere solo in una famiglia nucleare (padre, madre e bambini che vivono sotto lo stesso tetto): l’emergere di nuove forme di famiglia (monoparentali, omoparentali ) conduce la psicanalisi moderna a considerare altri casi, in cui la figura paterna o materna è assente, o divisa tra due uomini o due donne. Casi come questi mostrano l'urgenza di rivedere lo schema psicoanalitico del complesso di Edipo, che la critica scientifica sta mettendo in discussione ormai da molti anni, anche per quanto riguarda le famiglie di tipo classico, con padre, madre e bambino.