IL BUON RICERCATORE
“L’uomo da cui il pollo ha ricevuto
il cibo per ogni giorno della propria vita gli tirerà alla fine il
collo, dimostrando che un’idea meno primitiva dell’uniformità
della natura sarebbe stata utile all’animale”.
Tale citazione di Bertrand Russel del
1912 induce a pensare che la natura non sia regolata da principi
insiti in se stessa, ma piuttosto da una teoria scientifica,
un’organizzazione creata dalla nostra mente ed imposta alla natura
stessa.
Nel corso della storia le teorie e le
discipline scientifiche si sono sviluppate ed è così emersa la
figura del ricercatore.
Capire come lavora un ricercatore è
molto utile in quanto ci permette di affrontare e svolgere al meglio
il lavoro di ricerca intrapreso a inizio anno.
Il ricercatore è colui che si occupa
di definire l’oggetto d’indagine, servendosi di domande iniziali
e documenti per una corretta esplorazione preliminare; egli ha poi il
compito d’impostare le varie teorie ed elaborarle in ipotesi, da
confermare poi nel corso degli studi.
La ricerca è un tipo di attività
fluida che prende forma a seconda dell’impronta e del metodo usato
dal ricercatore stesso. Infatti non tutte sono uguali tra loro.
Il ricercatore, per poter svolgere la
sua attività, deve possedere alcuni specifici requisiti: un’adeguata
preparazione scientifica, conoscenze culturali, creatività e
originalità, autenticità, desiderio di rottura e di superare il
nuovo, abilità nel gestire e nel coordinare e consapevolezza
dell’attività di ricerca e del significato e del senso della
scienza.
Luogo comune per un ricercatore è il
fatto che debba essere esperto nella materia in cui sta lavorando e
nei problemi sui quali indaga. Mediante esami di ammissione ai posti
istituzionali si riesce a valutare il livello di preparazione
dell’aspirante ricercatore.
La preparazione scientifica non basta,
egli deve possedere le conoscenze culturali più disparate, conformi
alla tradizione. In questo modo può comprendere al meglio la realtà
e la vita e andare oltre la sua attività d’indagine e di studi.
Capacità, questa, che permette al
ricercatore di pensare cose nuove ed originali, oltre che valide. Ne
è un esempio la scoperta della penicillina di Fleming nel 1928,
dovuta al casuale ritrovamento, al ritorno dalle vacanze, di una
piastra contaminata di muffa su stafilococco. Fleming sapeva già
dell’esistenza di antisettici naturali, inoltre la sua esperienza
medica nel corso della prima Guerra Mondiale lo aveva convinto
dell’efficacia dell’uso delle sostanze naturali. Per questi
motivi, Fleming aveva una condizione psicologica e una mente
preparata ad elaborare questo evento insolito, giungendo così ad una
delle più importanti scoperte.
Già nel XVII secolo John Locke,
filosofo empirista inglese, aveva parlato di buona fede, concetto che
verrà poi ripreso da Popper.
La ricerca dev’essere autentica. Il
ricercatore dev’essere motivato dal bisogno di scoprire davvero
come stanno le cose, e non dall’esigenza di far bella figura o
diventare famoso. L’interessere dev’essere verso l’oggetto
della sua ricerca piuttosto che verso i soliti estrinsechi.
Fondamentale per il ricercatore è
avere un forte desiderio di rottura, che consiste nel superare le
credenze comuni e acquisire nuove credenze di pensiero più
veritiere. Egli può quindi definire se stesso un innovatore, le cui
ricerche portano come risultato finale la visione delle cose in un
modo diverso rispetto a come apparivano prima.
L’attività di ricerca, inoltre, è
molto complessa ed articolata. Il ricercatore dev’essere capace di
gestire le risorse materiali, i tempi, le attività di collaborazione
così da poter sfruttare al meglio le proprie forze e capacità e
compiere una buona ricerca.
Tuttavia conoscere e mettere in pratica
questa serie di metodi non è sufficiente. Un ricercatore deve
infatti rendersi conto di cos’è la scienza e di cosa rappresenta e
ha rappresentato per l’umanità. Un ricercatore che non è in grado
di fare ciò, quindi di riflettere sulla sua attività e il proprio
operato è molto fragile, poco determinato e, di conseguenza, incline
a credere alle proprie difficoltà.
Il buon ricercatore è quindi colui
che non solo conosce le tecniche e le procedure per fare ricerca, ma
che è capace di effettuare determinati cambiamenti nella sua
persona, nel suo modo di vedere e nel suo modo di pensare.