domenica 21 maggio 2017

IL BUON RICERCATORE

“L’uomo da cui il pollo ha ricevuto il cibo per ogni giorno della propria vita gli tirerà alla fine il collo, dimostrando che un’idea meno primitiva dell’uniformità della natura sarebbe stata utile all’animale”.
Tale citazione di Bertrand Russel del 1912 induce a pensare che la natura non sia regolata da principi insiti in se stessa, ma piuttosto da una teoria scientifica, un’organizzazione creata dalla nostra mente ed imposta alla natura stessa.
Nel corso della storia le teorie e le discipline scientifiche si sono sviluppate ed è così emersa la figura del ricercatore.
Capire come lavora un ricercatore è molto utile in quanto ci permette di affrontare e svolgere al meglio il lavoro di ricerca intrapreso a inizio anno.
Il ricercatore è colui che si occupa di definire l’oggetto d’indagine, servendosi di domande iniziali e documenti per una corretta esplorazione preliminare; egli ha poi il compito d’impostare le varie teorie ed elaborarle in ipotesi, da confermare poi nel corso degli studi.
La ricerca è un tipo di attività fluida che prende forma a seconda dell’impronta e del metodo usato dal ricercatore stesso. Infatti non tutte sono uguali tra loro.
Il ricercatore, per poter svolgere la sua attività, deve possedere alcuni specifici requisiti: un’adeguata preparazione scientifica, conoscenze culturali, creatività e originalità, autenticità, desiderio di rottura e di superare il nuovo, abilità nel gestire e nel coordinare e consapevolezza dell’attività di ricerca e del significato e del senso della scienza.
Luogo comune per un ricercatore è il fatto che debba essere esperto nella materia in cui sta lavorando e nei problemi sui quali indaga. Mediante esami di ammissione ai posti istituzionali si riesce a valutare il livello di preparazione dell’aspirante ricercatore.
La preparazione scientifica non basta, egli deve possedere le conoscenze culturali più disparate, conformi alla tradizione. In questo modo può comprendere al meglio la realtà e la vita e andare oltre la sua attività d’indagine e di studi.
Capacità, questa, che permette al ricercatore di pensare cose nuove ed originali, oltre che valide. Ne è un esempio la scoperta della penicillina di Fleming nel 1928, dovuta al casuale ritrovamento, al ritorno dalle vacanze, di una piastra contaminata di muffa su stafilococco. Fleming sapeva già dell’esistenza di antisettici naturali, inoltre la sua esperienza medica nel corso della prima Guerra Mondiale lo aveva convinto dell’efficacia dell’uso delle sostanze naturali. Per questi motivi, Fleming aveva una condizione psicologica e una mente preparata ad elaborare questo evento insolito, giungendo così ad una delle più importanti scoperte.
Già nel XVII secolo John Locke, filosofo empirista inglese, aveva parlato di buona fede, concetto che verrà poi ripreso da Popper.
La ricerca dev’essere autentica. Il ricercatore dev’essere motivato dal bisogno di scoprire davvero come stanno le cose, e non dall’esigenza di far bella figura o diventare famoso. L’interessere dev’essere verso l’oggetto della sua ricerca piuttosto che verso i soliti estrinsechi.
Fondamentale per il ricercatore è avere un forte desiderio di rottura, che consiste nel superare le credenze comuni e acquisire nuove credenze di pensiero più veritiere. Egli può quindi definire se stesso un innovatore, le cui ricerche portano come risultato finale la visione delle cose in un modo diverso rispetto a come apparivano prima.
L’attività di ricerca, inoltre, è molto complessa ed articolata. Il ricercatore dev’essere capace di gestire le risorse materiali, i tempi, le attività di collaborazione così da poter sfruttare al meglio le proprie forze e capacità e compiere una buona ricerca.
Tuttavia conoscere e mettere in pratica questa serie di metodi non è sufficiente. Un ricercatore deve infatti rendersi conto di cos’è la scienza e di cosa rappresenta e ha rappresentato per l’umanità. Un ricercatore che non è in grado di fare ciò, quindi di riflettere sulla sua attività e il proprio operato è molto fragile, poco determinato e, di conseguenza, incline a credere alle proprie difficoltà.
Il buon ricercatore è quindi colui che non solo conosce le tecniche e le procedure per fare ricerca, ma che è capace di effettuare determinati cambiamenti nella sua persona, nel suo modo di vedere e nel suo modo di pensare.