domenica 21 maggio 2017

L’ESPERIMENTO

CHE COS’E’ L’ESPERIMENTO?

L’esperimento è il metodo più utilizzato in psicologia, è molto importante anche in etologia.
In sociologia e antropologia culturale è adoperato meno in quanto è difficile organizzare esperimenti quando si ha a che fare con fenomeni così estesi.
L’esperimento consente di stabilire nessi causali, ovvero se due eventi sono uno causa dell’altro, in quanto non si limita a descrivere le cose come stanno, ma interviene nella realtà e ne manipola determinati elementi per poi riscontrare se la manipolazione ha prodotto effetti su altri elementi.

L’esperimento è fatto di quattro operazioni:
  • Delimitare la situazione sperimentale. Il ricercatore sceglie un ambiente, un ambito o un settore specifico da manipolare e studiare; individua poi alcune persone che si prestano all’esperimento, i soggetti sperimentali.
  • Introdurre uno specifico cambiamento. Il ricercatore va a manipolare un preciso fattore x, seguendo il proprio piano sperimentale.
  • Rilevare gli effetti del cambiamento introdotto. Il ricercatore cerca di cogliere gli effetti del cambiamento introdotto nella situazione sperimentale; egli generalmente ha già in mente dove si produrranno. Il fattore su cui si riscontrano gli effetti è il fattore y.
  • Tenere sotto controllo il resto. Oltre ai fattori x e y, ce ne sono molti altri, che possono influire sul fenomeno che interessa allo sperimentatore. Il ricercatore deve cercare di tenere sotto controllo tali fattori.

Possiamo distinguere tre tipi di variabili:
  • La variabile indipendente x, su cui vengono introdotti i cambiamenti;
  • La variabile dipendente y, i cui cambiamenti sono conseguenti ai cambiamenti dell’altra;
  • Le variabili accessorie, sono costituite dagli altri fattori e hanno grande importanza in quanto possono interferire con i risultati sperimentali, inducendo a false conclusioni. Esse vanno perciò tenute sotto controllo.

PROBLEMI DEGLI ESPERIMENTI
Ambienti semplificati e artificiali.
Quando esegue i suoi esperimenti, il ricercatore semplifica la realtà, riducendola ad alcuni elementi essenziali che gli interessano. Questo rappresenta sia un limite dell’esperimento sia un suo punto di forza. Costituisce un limite in quanto la realtà semplificata non riporta in modo esatto le condizioni naturali e quindi ciò che si può ottenere sono risultati che appaiono non molto adeguati quando vengono proiettati fuori dalla situazione sperimentale; costituisce un punto di forza perché permette di studiare le cose in maniera più approfondita e accurata.
La semplificazione della realtà può portare spesso alla realizzazione di condizioni artificiali: è infatti quello che avviene in laboratorio. Un ambiente artificiale è dato sia dal fatto che il ricercatore  riporta soltanto gli elementi della realtà che gli importano sia dalla manipolazioni introdotte dallo stesso ricercatore, le quali rendono le vicende non più spontanee ma condotte dallo sperimentatore.
L’ambiente artificiale costituisce uno dei maggiori problemi quando si utilizzano gli esperimenti nelle scienze sociali. Dal momento che non è semplice accertare in quale misura i risultati perseguiti nell’ambiente sperimentale sono traducibili nell’ambiente naturale, si parla di risultati che hanno validità interna (se l’esperimento è ben condotto) ma di cui bisogna stabilirne la validità esterna.
In certi casi l’esperimento non può avvenire in condizioni artificiali , poiché nella vita psicologica e sociale ci sono cose che non possono essere realizzate artificiosamente ma devono essere spontanee e naturali.

Il dilemma laboratorio-campo.
Nelle scienze sociali un’altro problema è rappresentato dalla scelta tra esperimenti di laboratorio o sul campo.
Nell’esperimento di laboratorio il ricercatore effettua l’esperimento in un ambiente predisposto e realizza una situazione apposita che possa mettere alla prova ciò che gli interessa. In questo modo può facilmente utilizzare degli strumenti meccanici ed avere un buon controllo sulla situazione sperimentale.
Nell’esperimento sul campo,invece, l’esperimento è eseguito nell’ambiente naturale, dove i soggetti si trovano normalmente nella vita quotidiana. In un esperimento di questo tipo però è possibile che intervengano variabili estranee che il ricercatore non sempre riesce a tenere sotto controllo e, di conseguenza, risulterà difficile anche padroneggiare l’intera situazione sperimentale.
Entrambi presentano degli svantaggi e degli svantaggi. Gli esperimenti eseguiti in laboratorio  risultano più rigorosi, ma mancano di validità esterna, ossia possono valere all’interno del laboratorio ma non al di fuori di questo, nell’ambiente naturale. Inoltre può anche succedere che si finisca per non ricercare le cose che sono oggetto di interesse.
Gli esperimenti sul campo permettono di andare oltre questi limiti del laboratorio, ma risultano meno rigorosi: infatti la possibilità che variabili estranee modifichino i risultati è molto alta.


Una possibilità:l’esperimento naturalistico.
Si parla di esperimento naturalistico quando il cambiamento della variabile indipendente che avrebbe dovuto essere inserito dal ricercatore è invece è invece generato dagli avvenimenti spontanei: in questo caso lo sperimentatore ha già il lavoro pronto e non gli rimane altro da fare che osservare con attenzione gli eventi.
Un esempio di esperimento naturalistico è lo studio di Festinger, Riecken e Schachter, i quali desideravano appurare un’ipotesi, ossia che le persone nel momento in cui si trovano davanti a fatti che confutano le loro idee, assumono atteggiamenti diversi in base che siano sole o insieme ad altri nella stessa condizione. Quando sono in gruppo le persone cercano di trovare delle giustificazioni riguardo all’accaduto in modo da non dover mutare totalmente le loro convinzioni. Questo significa che la presenza di altre persone e il sostegno sociale induce a credere alle proprie convinzioni nonostante l’evidenza dimostra che siano errate, favorendo in questo modo i processi di convalida delle idee sbagliate. Per verificare la loro ipotesi questi studiosi proiettarono la loro attenzione verso una setta che si riuniva intorno a una donna, la quale sosteneva di parlare con divinità extraterrestri. Queste divinità un giorno inviarono un messaggio con il quale annunciavano un’inondazione e promettevano che avrebbero portato in salvo attraverso un’astronave solo poche persone elette. I membri della setta si divisero in due gruppi: alcuni aspettarono l’arrivo delle divinità a casa gli altri si riunirono in gruppo. L’ astronave non arrivò e non si verificò neppure il cataclisma. Coloro che avevano aspettato da soli il suo arrivo abbandonarono la setta e le sue convinzioni; coloro che invece aspettarono in gruppo credettero a un ultimo messaggio extraterrestre secondo cui la terra era stata risparmiata. Questo dimostra che le persone che attesero l’evento in gruppo continuarono a credere nelle proprie convinzioni nonostante l’evidenza dimostrava l’esatto contrario.


Il problema del soggetto sperimentale

Gli esperimenti si fanno con “soggetti sperimentali”, ovvero persone consenzienti e disponibili. In questo modo si rischia però di concentrarsi su certe categorie, più disponibili di altre (per esempio giovani studenti occidentali), rendendo azzardata la generalizzazione dei risultati. Inoltre il “volontario” ha caratteristiche particolari: è curioso e attento alle istruzioni, perché tiene a fare bella figura. Un buon modo per aggirare il problema è quello di svolgere repliche dell’esperimento su soggetti di diversa estrazione. Da prendere in considerazione anche repliche interculturali e transtoriche, per stabilire l’effettiva portata del risultato sperimentale.

Fattori che influiscono sui risultati

I fattori che possono influire sull’esperimento sono di tre tipi:
  • Fattori interni: nel corso dell’esperimento le persone possono cambiare internamente;
  • Fattori esterni: dipendono dalle circostanze ambientali;
  • Fattori legati allo sperimentatore: chi conduce l’esperimento influenza i soggetti sperimentali con quel che dice e quel che fa, anche senza volerlo.
Questi ultimi sono i più insidiosi perché i più difficili da controllare, infatti è facile che i soggetti si facciano una loro idea dell’esperimento e dei suoi scopi e si comportino in modo che i risultati siano quelli che credono ci si aspetta. Lo sperimentatore dovrà quindi adoperarsi per nascondere le mire effettive dell’esperimento, per esempio ricorrendo ad un esperimento di copertura (si forniscono informazioni false ai soggetti riguardo l’esperimento) o avvalendosi di aiutanti che non abbiano il quadro esatto dell’esperimento (e quindi meno predisposti a influenzare i soggetti studiati).
Per quanto riguarda i fattori interni ed esterni, invece, può essere efficace l’utilizzo del “gruppo di controllo”: questo e costituito da soggetti simili a quelli sperimentali e tenuti nella stessa situazione, presso i quali però non viene introdotto il cambiamento sperimentale. In questo modo, se qualche fattore non noto interviene, si farà sentire su entrambi i gruppi, annullandone gli effetti di interferenza.

Disegni sperimentali

Prima di iniziare un esperimento i ricercatori lo progettano nel dettaglio, tenendo conto dell’ipotesi sperimentale, della situazione concreta e delle esigenze di un lavoro rigoroso. Tale progetto prende il nome di disegno sperimentale. Si va da disegni molto semplici a disegni complessi, preferiti spesso dai ricercatori perché offrono il vantaggio di mettere contemporaneamente alla prova più ipotesi o aspetti di un’ipotesi, nonostante i primi siano più eleganti nella loro chiarezza e semplicità.
Analizziamo un esempio, svolgendolo con entrambe le tipologie di disegno sperimentale: vogliamo studiare l’influenza della televisione sull’aggressività dei ragazzi;
  • Disegno semplice(prima e dopo con un gruppo di controllo): lo sperimentatore manipola una sola variabile, l’influenza dei programmi violenti; si valuta l’aggressività dei ragazzi sia del gruppo sperimentale, sia del gruppo di controllo, poi si somministra la dieta televisiva e infine si valuta di nuovo l’aggressività nei due gruppi;
  • Disegno complesso (multifattoriale): lo sperimentatore manipola più variabili, per esempio la dieta, il tempo di esposizione, la visione solitaria o in compagnia, la possibilità di parlarne, e vede gli effetti sull’aggressività dei ragazzi.