L’ESPERIMENTO
CHE
COS’E’ L’ESPERIMENTO?
L’esperimento
è il metodo più utilizzato in psicologia, è molto importante anche
in etologia.
In
sociologia e antropologia culturale è adoperato meno in quanto è
difficile organizzare esperimenti quando si ha a che fare con
fenomeni così estesi.
L’esperimento
consente di stabilire nessi causali, ovvero se due eventi sono uno
causa dell’altro, in quanto non si limita a descrivere le cose come
stanno, ma interviene nella realtà e ne manipola determinati
elementi per poi riscontrare se la manipolazione ha prodotto effetti
su altri elementi.
L’esperimento
è fatto di quattro operazioni:
- Delimitare la situazione sperimentale. Il ricercatore sceglie un ambiente, un ambito o un settore specifico da manipolare e studiare; individua poi alcune persone che si prestano all’esperimento, i soggetti sperimentali.
- Introdurre uno specifico cambiamento. Il ricercatore va a manipolare un preciso fattore x, seguendo il proprio piano sperimentale.
- Rilevare gli effetti del cambiamento introdotto. Il ricercatore cerca di cogliere gli effetti del cambiamento introdotto nella situazione sperimentale; egli generalmente ha già in mente dove si produrranno. Il fattore su cui si riscontrano gli effetti è il fattore y.
- Tenere sotto controllo il resto. Oltre ai fattori x e y, ce ne sono molti altri, che possono influire sul fenomeno che interessa allo sperimentatore. Il ricercatore deve cercare di tenere sotto controllo tali fattori.
Possiamo
distinguere tre tipi di variabili:
- La variabile indipendente x, su cui vengono introdotti i cambiamenti;
- La variabile dipendente y, i cui cambiamenti sono conseguenti ai cambiamenti dell’altra;
- Le variabili accessorie, sono costituite dagli altri fattori e hanno grande importanza in quanto possono interferire con i risultati sperimentali, inducendo a false conclusioni. Esse vanno perciò tenute sotto controllo.
PROBLEMI
DEGLI ESPERIMENTI
Ambienti
semplificati e artificiali.
Quando
esegue i suoi esperimenti, il ricercatore semplifica la realtà,
riducendola ad alcuni elementi essenziali che gli interessano. Questo
rappresenta sia un limite dell’esperimento sia un suo punto di
forza. Costituisce un limite in quanto la realtà semplificata non
riporta in modo esatto le condizioni naturali e quindi ciò che si
può ottenere sono risultati che appaiono non molto adeguati quando
vengono proiettati fuori dalla situazione sperimentale; costituisce
un punto di forza perché permette di studiare le cose in maniera più
approfondita e accurata.
La
semplificazione della realtà può portare spesso alla realizzazione
di condizioni artificiali: è infatti quello che avviene in
laboratorio. Un ambiente artificiale è dato sia dal fatto che il
ricercatore riporta soltanto gli elementi della realtà
che gli importano sia dalla manipolazioni introdotte dallo stesso
ricercatore, le quali rendono le vicende non più spontanee ma
condotte dallo sperimentatore.
L’ambiente
artificiale costituisce uno dei maggiori problemi quando si
utilizzano gli esperimenti nelle scienze sociali. Dal momento che non
è semplice accertare in quale misura i risultati perseguiti
nell’ambiente sperimentale sono traducibili nell’ambiente
naturale, si parla di risultati che hanno validità interna (se
l’esperimento è ben condotto) ma di cui bisogna stabilirne la
validità esterna.
In
certi casi l’esperimento non può avvenire in condizioni
artificiali , poiché nella vita psicologica e sociale ci sono cose
che non possono essere realizzate artificiosamente ma devono essere
spontanee e naturali.
Il
dilemma laboratorio-campo.
Nelle
scienze sociali un’altro problema è rappresentato dalla scelta tra
esperimenti di laboratorio o sul campo.
Nell’esperimento
di laboratorio il ricercatore effettua l’esperimento in un ambiente
predisposto e realizza una situazione apposita che possa mettere alla
prova ciò che gli interessa. In questo modo può facilmente
utilizzare degli strumenti meccanici ed avere un buon controllo sulla
situazione sperimentale.
Nell’esperimento
sul campo,invece, l’esperimento è eseguito nell’ambiente
naturale, dove i soggetti si trovano normalmente nella vita
quotidiana. In un esperimento di questo tipo però è possibile che
intervengano variabili estranee che il ricercatore non sempre riesce
a tenere sotto controllo e, di conseguenza, risulterà difficile
anche padroneggiare l’intera situazione sperimentale.
Entrambi
presentano degli svantaggi e degli svantaggi. Gli esperimenti
eseguiti in laboratorio risultano più rigorosi, ma
mancano di validità esterna, ossia possono valere all’interno del
laboratorio ma non al di fuori di questo, nell’ambiente naturale.
Inoltre può anche succedere che si finisca per non ricercare le cose
che sono oggetto di interesse.
Gli
esperimenti sul campo permettono di andare oltre questi limiti del
laboratorio, ma risultano meno rigorosi: infatti la possibilità che
variabili estranee modifichino i risultati è molto alta.
Una
possibilità:l’esperimento naturalistico.
Si
parla di esperimento naturalistico quando il cambiamento della
variabile indipendente che avrebbe dovuto essere inserito dal
ricercatore è invece è invece generato dagli avvenimenti spontanei:
in questo caso lo sperimentatore ha già il lavoro pronto e non gli
rimane altro da fare che osservare con attenzione gli eventi.
Un
esempio di esperimento naturalistico è lo studio di Festinger,
Riecken e Schachter, i quali desideravano appurare un’ipotesi,
ossia che le persone nel momento in cui si trovano davanti a fatti
che confutano le loro idee, assumono atteggiamenti diversi in base
che siano sole o insieme ad altri nella stessa condizione. Quando
sono in gruppo le persone cercano di trovare delle giustificazioni
riguardo all’accaduto in modo da non dover mutare totalmente le
loro convinzioni. Questo significa che la presenza di altre persone e
il sostegno sociale induce a credere alle proprie convinzioni
nonostante l’evidenza dimostra che siano errate, favorendo in
questo modo i processi di convalida delle idee sbagliate. Per
verificare la loro ipotesi questi studiosi proiettarono la loro
attenzione verso una setta che si riuniva intorno a una donna, la
quale sosteneva di parlare con divinità extraterrestri. Queste
divinità un giorno inviarono un messaggio con il quale annunciavano
un’inondazione e promettevano che avrebbero portato in salvo
attraverso un’astronave solo poche persone elette. I membri della
setta si divisero in due gruppi: alcuni aspettarono l’arrivo delle
divinità a casa gli altri si riunirono in gruppo. L’ astronave non
arrivò e non si verificò neppure il cataclisma. Coloro che avevano
aspettato da soli il suo arrivo abbandonarono la setta e le sue
convinzioni; coloro che invece aspettarono in gruppo credettero a un
ultimo messaggio extraterrestre secondo cui la terra era stata
risparmiata. Questo dimostra che le persone che attesero l’evento
in gruppo continuarono a credere nelle proprie convinzioni nonostante
l’evidenza dimostrava l’esatto contrario.
Il
problema del soggetto sperimentale
Gli
esperimenti si fanno con “soggetti sperimentali”, ovvero persone
consenzienti e disponibili. In questo modo si rischia però di
concentrarsi su certe categorie, più disponibili di altre (per
esempio giovani studenti occidentali), rendendo azzardata la
generalizzazione dei risultati. Inoltre il “volontario” ha
caratteristiche particolari: è curioso e attento alle istruzioni,
perché tiene a fare bella figura. Un buon modo per aggirare il
problema è quello di svolgere repliche dell’esperimento su
soggetti di diversa estrazione. Da prendere in considerazione anche
repliche interculturali e transtoriche, per stabilire l’effettiva
portata del risultato sperimentale.
Fattori
che influiscono sui risultati
I
fattori che possono influire sull’esperimento sono di tre tipi:
- Fattori interni: nel corso dell’esperimento le persone possono cambiare internamente;
- Fattori esterni: dipendono dalle circostanze ambientali;
- Fattori legati allo sperimentatore: chi conduce l’esperimento influenza i soggetti sperimentali con quel che dice e quel che fa, anche senza volerlo.
Questi
ultimi sono i più insidiosi perché i più difficili da controllare,
infatti è facile che i soggetti si facciano una loro idea
dell’esperimento e dei suoi scopi e si comportino in modo che i
risultati siano quelli che credono ci si aspetta. Lo sperimentatore
dovrà quindi adoperarsi per nascondere le mire effettive
dell’esperimento, per esempio ricorrendo ad un esperimento di
copertura (si forniscono informazioni false ai soggetti riguardo
l’esperimento) o avvalendosi di aiutanti che non abbiano il quadro
esatto dell’esperimento (e quindi meno predisposti a influenzare i
soggetti studiati).
Per
quanto riguarda i fattori interni ed esterni, invece, può essere
efficace l’utilizzo del “gruppo di controllo”: questo e
costituito da soggetti simili a quelli sperimentali e tenuti nella
stessa situazione, presso i quali però non viene introdotto il
cambiamento sperimentale. In questo modo, se qualche fattore non noto
interviene, si farà sentire su entrambi i gruppi, annullandone gli
effetti di interferenza.
Disegni
sperimentali
Prima
di iniziare un esperimento i ricercatori lo progettano nel dettaglio,
tenendo conto dell’ipotesi sperimentale, della situazione concreta
e delle esigenze di un lavoro rigoroso. Tale progetto prende il nome
di disegno
sperimentale.
Si va da disegni molto semplici a disegni complessi, preferiti spesso
dai ricercatori perché offrono il vantaggio di mettere
contemporaneamente alla prova più ipotesi o aspetti di un’ipotesi,
nonostante i primi siano più eleganti nella loro chiarezza e
semplicità.
Analizziamo
un esempio, svolgendolo con entrambe le tipologie di disegno
sperimentale: vogliamo studiare l’influenza della televisione
sull’aggressività dei ragazzi;
- Disegno semplice(prima e dopo con un gruppo di controllo): lo sperimentatore manipola una sola variabile, l’influenza dei programmi violenti; si valuta l’aggressività dei ragazzi sia del gruppo sperimentale, sia del gruppo di controllo, poi si somministra la dieta televisiva e infine si valuta di nuovo l’aggressività nei due gruppi;
- Disegno complesso (multifattoriale): lo sperimentatore manipola più variabili, per esempio la dieta, il tempo di esposizione, la visione solitaria o in compagnia, la possibilità di parlarne, e vede gli effetti sull’aggressività dei ragazzi.