LO SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA DEL LAVORO IN ITALIA.
In Italia negli anni venti e trenta, mancò la determinazione ed il coraggio di mutare la psicotecnica in psicosociologia, a causa di fattori politici, della scarsa penetrazione della psicanalisi, della mancanza di strumenti essenziali come la ricerca e la scuola; questo fatto indusse gli psicologi ad allontanarsi dal mondo del lavoro, per rientrarvi solo nel secondo dopoguerra.
Il 16 maggio 1961 nacque a Milano “l’Associazione per la psicologia italiana del lavoro”, nella duplice veste di coordinatrice delle esperienze e delle professionalità degli psicologi e di sensibilizzatrice degli enti e degli ambienti interessati e coinvolti nello studio e nella ricerca.
Dalla seconda metà degli anni settanta la psicologia affronta le contraddizioni del mondo del lavoro, cercando di intervenire con competenza in ambiti interdisciplinari che riguardano sempre più l'ergonomia aziendale, cioè il macrosistema uomo-ambiente, uomo-macchina e uomo-uomo; i nuovi contratti sociali, i nuovi criteri e metodi lavorativi, la flessibilità impellente, le motivazioni del lavoratore, il rimescolamento e la nascita di nuove categorie e figure aziendali, la diffusione dei "quadri", la recessione della figura operaia, la dilagante automazione, le crisi economico-finanziarie e occupazionali.
COMMENTO PERSONALE:
MARTI, CAMI, MYRI.
Abbiamo notato inoltre che vi è una necessità fra collaboratori di legarsi tra loro tramite rapporti sociali, che rendano soddisfacente e più appassionante svolgere il loro lavoro: il luogo di lavoro diventa cosi un luogo di socializzazione.