mercoledì 19 settembre 2018

SUICIDIO INFANTILE  
 Un evento stressante può scatenare un comportamento suicida in bambini affetti da un disturbo psichiatrico, come la depressione. I bambini a rischio di suicidio possono essere depressi o ansiosi, isolarsi, parlare di argomenti di morte o mostrare un’alterazione improvvisa del comportamento. I familiari e gli amici devono prendere sul serio tutte le minacce o i tentativi di suicidio. Gli assistenti sanitari cercano di stabilire la gravità del rischio di suicidio. Il trattamento può includere il ricovero se il rischio è elevato, la terapia farmaceutica per trattare altri disturbi mentali e la psicoterapia individuale e familiare. 
Il suicidio è raro prima della pubertà ed è principalmente un problema adolescenziale, in  particolare nella fascia di età compresa tra i 15 e i 19 anni e dell’età adulta. Tuttavia, i         preadolescenti commettono suicidio e questo problema potenziale non deve essere ignorato. Spesso, i tentativi di suicidio implicano un certo livello di incertezza relativamente alla volontà di morire o magari una richiesta di aiuto. Tra gli adolescenti, il rapporto di suicidi  portati a termine tra sesso maschile e femminile è di 4:1, anche se, tra i soggetti di sesso femminile, i tentativi di suicidio sono 2-3 volte più frequenti.

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CAUSE 
Il fattore più incisivo nello sviluppo della condotta suicida rimane ancora una volta la famiglia.
Successi ed insuccessi dipendono non solo dai cambiamenti che gli  adolescenti compiono ma anche da quelli che i genitori, se attentiattraversano insieme ai figli.  I giovani italiani sono spesso prigionieri di situazioni familiari ad alto coefficiente patogeno. 
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Assenza di  coesione ed integrità del nucleo  ostilità o indifferenza reciproca tra i genitori e dei genitori rispetto ai figliCondotte affettivi anomaleproblemi di comunicazionescarso ascolto e sostegno da parte dei genitorieccessiva rigidità dei ruoliCancellazione delle differenze generazionaliTrascorsi di alcolismo e precedenti “esperienze“ suicide in famiglia sono i principali fattori di rischio. 
giovani per diventare adulti responsabiliinsorgono gli specialistidevono imparare a prendere le distanze da mamma e papà. Ma spessodenuncianoi loro genitori si comportano peggio di loro. Si rifiutano di invecchiaresi comportano da adolescenti capricciosiaccompagnano i figli nello sballo. I giovani hanno bisogno di certezze. E la prima certezza è che gli adulti sono  ad aggiustare il tiro, a temperare i loro eccessi. 
                   Disabilità infantile 
Esistono molti tipi di possibili disabilità: 

Disabilità e salute: 
si basa principalmente sulle varie disabilità di un individuo per esempio vaccini ed epilessia.  

Disabilità e nutrizione bambini:  
che vengono malnutriti  durante la crescita le conseguenze rendono a rischio la disabilità,le carenze cognitive e lo scarso rendimento scolastico.  

Disabilità e acqua e igiene; 
  L'accesso all'acqua e ai servizi igienici nel mondo in via di sviluppo è particolarmente difficile per i bambini con disabilità, anche se è scarsamente documentato. I bambini con disabilità fisiche possono non essere in grado di prendere l'acqua o trasportarla per lunghe distanze. Rubinetti e pozzi possono essere troppo alti; le attrezzature e le porte delle docce possono essere difficili da aprire, anche i percorsi lunghi e scivolosi e la scarsa illuminazione possono essere delle barriere. 

Disabilità e salute sessuale  
Uno studio in Sudafrica sostiene che i giovani sordi sono a elevato rischio di infezione da HIV, perché non ricevono informazioni sul virus. 
Spesso si ritiene in modo sbagliato che i bambini e giovani con disabilità siano meno attivi sessualmente rispetto ai loro coetanei non disabili, e quindi che siano meno esposti al rischio di infezione da HIV. Sono stati quasi del tutto trascurati nei programmi sulla salute sessuale e riproduttiva e sull’HIV/AIDS e, di conseguenza, sono a più alto rischio di diventare sieropositivi.  

Disabilità ed emergenze umanitarie 
Le crisi umanitarie, come quelle determinate da guerre e disastri naturali, comportano particolari rischi per i bambini con disabilità. Nel 2011 i bambini hanno costituito il 61% di tutte le vittime civili in Afghanistan. Nello stesso anno, i bambini rappresentavano il 58% delle vittime civili nella Repubblica Democratica Popolare del Laos, il 50% in Iraq e il 48% in Sudan.    
    

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Disabilità e istruzione 
Un'indagine in 51 Paesi mostra le lacune nei tassi stimati di completamento della scuola primaria per i bambini con e senza disabilità: per i maschi il divario è del 10 per cento e per le ragazze dell’11 per cento.I dati delle indagini a domicilio di 13 Paesi a basso e medio reddito rilevano che i bambini con disabilità tra i 6 e i 17 anni hanno significativamente meno probabilità di essere iscritti a scuola dei coetanei senza disabilità. Uno studio del 2004 in Malawi ha indicato che un bambino con una disabilità aveva il doppio delle probabilità non frequentare mai la scuola di un bambino normodotato. 

Disabilità e violenza 
Studi condotti dal 1990 al 2010 sulla violenza contro i bambini con disabilità hanno rilevato che la percentuale stimata di violenza contro i bambini con disabilità va dal 26,7 per cento di varie forme di violenza al 20,4 per cento di violenze fisiche e al 13,7 per cento di violenza sessuale.Le stime sui rischi hanno indicato che i bambini con disabilità correvano rischi significativamente maggiori di subire violenze dei coetanei senza disabilità: 3,7 volte più probabilità di varie forme di violenza. I bambini con disabilità mentali o intellettuali erano 4,6 volte più probabilità di essere vittime di violenza sessuale, rispetto ai loro coetanei non disabili. 
        Lpaure dei bambini 
Le paure dei bambini sono potenzialmente infinite e dipendono in larga misura dalla storia individuale: esistono tuttavia una serie di paure che possono essere considerate tipiche dell’età evolutiva: quella della separazione, del buio, della morte, dell’abbandono, dei serpenti, dei fantasmi, dei mostri, del dottore.  
La paura è un’emozione primaria, ha una funzione autoprotettiva utile alla crescita del bambino in quanto riesce ad attivare alcune reazioni che servono a difenderlo dai potenziali pericoli provenienti dall’ambiente esterno. La paura è importante perché ci aiuta a rispondere nelle varie circostanze e ad agire rapidamente in situazioni di pericolo, questa emozione ci esorta a stare all’erta e a far tesoro delle precedenti esperienze mobilitando le forze che ci spingono alla difesa o alla fuga, quindi, in quanto reazione difensiva salvaguarda la vita e contribuisce allo sviluppo umano e alla crescita personale. Esiste un’idea generale piuttosto diffusa riguardo la paura che la vede come un qualcosa da evitare o scansare. In realtà affrontare ed abbracciare le nostre paure, è l’unico modo per controllarle. 
Uno stato di paura è sempre associato a reazioni fisiche prodotto dal sistema neuro-vegetativo: le mani sudano, aumenta il battito cardiaco e il respiro, la circolazione sanguigna si modifica causando rossore o pallore, i muscoli si contraggono. Queste sono legate ad un senso di inquietudine interiore. Possono essere scatenate da stimoli esterni. Le emozioni nascono dalle credenze non dalla realtà, per fortuna le credenze dei più piccoli e, dunque le stesse paure dei bambini, possono essere più aperte agli aggiornamenti rispetto a quelle degli adulti.
Da dove nascono le paure dei bambini? 
Talvolta le paure hanno origine nell’infanzia ma possono cambiare, trasformarsi oppure essere superate. Attenzione però alla differenza tra paura e ansia. L’ansia è sostanzialmente una forma di paura, è una sensazione di allarme; l’ansia è caratterizzata dalla previsione di una             minaccia, come se l’oggetto della paura fosse l’anticipazione del pericolo. Esistono tuttavia una serie di paure che possono essere considerate tipiche dell’età evolutiva quella della separazione, del buio, della morte, dell’abbandono, dei serpenti, dei fantasmi, dei mostri, del dottore. Talvolta alcune di esse sorgono quando il bambino tende ad immedesimarsi nelle preoccupazioni e nelle paure dei genitori. Di fronte alla visione di un fatto che può generare paura, è molto importante la reazione degli stessi genitori: i bambini percepiscono ciò che gli adulti provano e attraverso il cosiddetto contagio emotivo sono in grado di regolare la loro reazione emozionale sulla base della reazione dell’adulto di riferimento. In altre parole, se i genitori si spaventano, il bambino sarà molto più spaventato perchè impara e rinforza che quello stimolo è realmente pericoloso; se i genitori al contrario minimizzano quanto accaduto lo aiutano a inquadrare il fatto nella giusta prospettiva.  

                                            

           BULLISMO 
Con il termine bullismo s’intende definire un comportamento aggressivo ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi. Solitamente, i ruoli del bullismo sono ben definiti: da una parte c’è il bullo, colui che attua dei comportamenti violenti fisicamente e psicologicamente e dall’altra parte la vittima, colui che invece subisce tali atteggiamenti; talvolta la vittima può diventare bullo a sua volta. La sofferenza psicologica e l’esclusione sociale sono sperimentate di sovente da bambini che, senza sceglierlo, si ritrovano a vestire il ruolo della vittima subendo ripetute umiliazioni da coloro che invece ricoprono il ruolo di bullo. 

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            CYBERBULLISMO 
Il cyberbullismo è definito come un atto aggressivo, intenzionale condotto da un individuo o un gruppo usando varie forme di contatto  elettronico, ripetuto nel tempo contro una vittima che non può facilmente difendersi . Esso ha però delle caratteristiche identificative proprie: il bullo può mantenere nella rete l’anonimato, ha un pubblico più vasto, ossia il Web, e può controllare le informazioni personali della sua vittima.

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Gli effetti più rilevanti sono:
  1. 1) un rischio maggiore di depressione, ansia e pensieri di suicidarsi funzionamento cognitivo più povero;  
  1. 2) maggior livello di insoddisfazione percepita rispetto alla qualità della propria vita;  
  1. 3) meno probabilità di avere relazioni sociali.