Ho trascorso l’esperienza dell’alternanza scuola lavoro all’interno della casa circondariale di brescia “Nero Fischione”, dove sono venuta a conoscenza della struttura del carcere e del personale che lavora all’interno di essa.
PREMESSA
È importante ricordarsi che il carcere non è un luogo esclusivamente punitivo, esso rappresenta un luogo per crescere, per capire, per accompagnare chi sbaglia nel lungo e non facile cammino verso la libertà.
È il luogo della pena ma può e deve diventare anche il contesto in cui si creano le condizioni per una riabilitazione psicosociale.
È necessario che il detenuto sia accompagnato nella ricerca del senso dell'esperienza detentiva, come momento di una storia personale che va intesa in modo evolutivo, cosicché il futuro si apra ad una progettualità positiva.
SVOLGIMENTO
A sostegno di questo processo rieducativo opera l'educatore penitenziario, una figura poco conosciuta e riconosciuta nel suo prezioso ruolo istituzionale. L'intervento pedagogico dell'educatore in carcere ha come oggetto il comportamento del detenuto, svolge la funzione di filtro tra magistrato e detenuto.
Fin dal suo ingresso in Istituto e per tutta la durata dello sconto della pena l'educatore "osserva" le cause che hanno portato alla condotta deviante del soggetto, l'aderenza ed il rispetto delle regole poste dal regime interno dell'Istituto, la partecipazione del soggetto rispetto agli interventi offerti dall'istituzione e i rapporti con la famiglia e l'ambiente esterno.
Le attività offerte al detenuto nell'ambito del trattamento rieducativo mirano a contribuire al processo di maturazione di un atteggiamento responsabile del detenuto, al fine di reinserimento nella società dalla quale lui stesso si è autoescluso con il reato.
L'educatore interviene nell'attività di osservazione e trattamento dei reclusi mediante metodologie differenti rispetto a quelle utilizzate dagli altri operatori penitenziari, all'interno di un lavoro di équipe coordinato dal Direttore dal carcere. L'ordinamento penitenziario riconosce all'educatore il ruolo di segretario tecnico dell'équipe, al quale tutti gli altri operatori penitenziari del gruppo allargato del G.O.T. (Gruppo di Osservazione e Trattamento) devono trasmettere le informazioni ed i dati raccolti durante il percorso detentivo del soggetto.
L'educatore convoca la riunione d'équipe presieduta dal Direttore d'Istituto e, dove necessario, richiede l'intervento degli esperti intervenuti durante lo svolgimento dell'attività di osservazione scientifica della personalità del condannato, ai fini della stesura della relazione di sintesi con la previsione di un'ipotesi che sarà trasmessa al Magistrato o al Tribunale di Sorveglianza per l'approvazione.
Le attività rieducative e trattamentali tendono a promuovere l l'autorealizzazione della persona in quanto essa riesca ad intravvedere nella detenzione un'opportunità di cambiamento rispetto al proprio agito. Pertanto si creano occasioni di studio, lavoro, teatro, biblioteca, musica e formazione in collegamento con il mondo esterno al carcere, anche con lo scopo di spendere tali conoscenze e competenze sul mercato, una volta scontata la pena.
La figura dell’educatore è quella che si può ritenere più importante ma non nega l’importanza degli altri utenti quali lo psicologo, il cappellano e i volontari.
L’Esperto Psicologo è chiamato a dare il suo contributo specifico all'osservazione scientifica della personalità e all'elaborazione del programma di trattamento, intra o extra-murario; trattamento che consiste in un progetto individualizzato finalizzato a far si che il tempo della detenzione sia un’occasione esistenziale di assunzione di responsabilità e autocritica circa le proprie condotte antigiuridiche, nonché di rieducazione attraverso attività lavorative, d’istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di risocializzazione mediante benefici e misure alternative alla detenzione .
Il volontariato penitenziario organizza il proprio intervento in attività interne agli istituti, attività con le famiglie, attività con i soggetti in misura alternativa. L'attività di volontariato all'interno degli istituti penitenziari è una delle forme in cui si comprende che il carcere non è luogo di punizione e che il processo di risocializzazione dei condannati richiede necessariamente la partecipazione della comunità esterna.
È opportuno rilevare che la loro opera all'interno degli istituti penitenziari richiede, per essere efficace, la capacità di stabilire rapporti corretti, di collaborazione con tutto il personale. I volontari chiedono infatti di lavorare in carcere non in sostituzione agli operatori professionali, ma con gli operatori a tutti i livelli, nella chiarezza delle attribuzioni e delle competenze, per contribuire alla risocializzazione dei detenuti e al rallentamento della tensione interna.
Il lavoro del volontariato, all'interno del carcere, è estremamente variegato e differenziato. Questa multiformità dipende innanzitutto dalle impostazioni e dagli orientamenti dei singoli e delle diverse associazioni che lavorano negli istituti di pena. A seconda della situazione in cui opera, il volontario si troverà ad affrontare problemi diversi e potrà adattare il proprio intervento in maniera adeguata al contesto e alle necessità che si presentano di volta in volta.
La figura del cappellano è figura di riferimento per i detenuti che si rivolgono a lui anche per bisogni pratici. Il cappellano carcerario fa parte della commissione che redige il regolamento interno e le modalità del trattamento penitenziario. Viene spesso coinvolto, ufficialmente a seconda dell’istituto di pena in questione, nelle decisioni riguardanti il trattamento e la fruizione delle misure alternative da parte dei detenuti. Addirittura la stessa frequenza e partecipazione alle funzioni religiose è un parametro preso in considerazione nella valutazione del comportamento del soggetto recluso.
Il processo di recupero di un detenuto è un percorso che solitamente dura massimo 9 mesi ma può essere costruito lungo tutto il periodo di permanenza in carcere.
CONCLUSIONE
Rieducazione e reinserimento: due parole che sono considerate come "fine" da raggiungere ma difficile da realizzare per motivi piuttosto banali: troppi detenuti, pochi operatori penitenziari. Questo processo rieducativo può risultare complicato e spesso resta inconcluso poiché spesse volte i detenuti vengono trasferiti da una casa circondariale all'altra e il trattamento si interrompe automaticamente.
L’esperienza fatta nella casa circondariale apre gli occhi su un mondo distante dal nostro, diverso dal nostro che se non si vede non lo si immagina neppure. I media e di conseguenza i cittadini sono sempre concentrati sul delitto in sé; alla chiusura delle porte del carcere nessuno presta più attenzione al condannato