martedì 4 giugno 2019

Lo sviluppo cognitivo


Quando si parla di sviluppo cognitivo si è soliti riferirsi al progressivo evolvere delle capacità intellettive che variano durante tutto l’arco della vita, mutando e perfezionandosi. Quindi, più nel dettaglio, lo sviluppo cognitivo consente di acquisire informazioni dall’ambiente per immagazzinarle, attraverso rappresentazioni mentali, che permettono di essere utilizzate in momenti successivi della propria esistenza. 
Le conoscenze acquisite durante l’interazione con l’ambiente esterno, sono costruite dal bambino, fin da dalla nascita, e sono arricchite con il procedere dell’età, sia quantitativamente sia qualitativamente. 
Esistono tappe diverse di acquisizione di capacità mentali per ogni fase di sviluppo. Si individua in questo caso un circolo che inizia e si chiude con il depotenziamento o involuzione delle capacità cognitive, che coincide con la nascita e l’invecchiamento dell’individuo, che raggiunge il picco massimo di acquisizione di informazioni durante la giovane età adulta. 
Ogni volta che si parla di sviluppo cognitivo solitamente si cita Jean Piaget, psicologo-pedagogista, che si è largamente occupato di questo argomento individuandone le diverse tappe di immagazzinamento di conoscenza. 
Nella molteplicità di informazioni che si acquisiscono sarà uscito il nome di Piaget. 
 Jean Piaget è un biologo ed epistemologo francese molto importante per aver descritto minuziosamente le tappe dello sviluppo del bambino dalla nascita all’età adulta. 
La sua teoria si fonda su quattro stadi che il bambino attraversa dalla nascita. 
LA STORIA  
Jean Piaget è da sempre considerato uno dei massimi esponenti dello studio dello sviluppo della cognizione o pensiero infantile. Le sue teorie derivano da anni di studio osservazionale da cui egli inferì l’esistenza di una serie di tappe considerate ancora del tutto valide al giorno d’oggi. La sua teoria parte da un colloquio clinico non strutturato, ma supportato da una serie di compiti pratici svolti dal bambino, come per esempio la manipolazione usata per studiare il ragionamento concreto, tipico delle prime fasi di sviluppo cognitivo nel bambino. Lo scopo finale è chiedere sempre al bambino il perché svolge una serie di azioni, al fine di poter rivelare la logica sottostante al proprio comportamento da cui poter inferire la regola di base acquisita attraverso l’esperienza. 
Jean Piaget, dunque, sostiene che lo sviluppo cognitivo del bambino deriva dall’interazione con la realtà circostante, grazie alla quale si verifica una trasformazione in termini di acquisizione di informazioni utili alla conoscenza pratica. Secondo Piaget lo sviluppo cognitivo si verifica attraverso l’assimilazione di informazioni e gli scambi che avvengono direttamente con l’ambiente, permettendo in questo modo di strutturare delle rappresentazioni mentali, schemi cognitivi, ben organizzati. Di conseguenza si determinano 5 stadi o periodi di crescita intellettiva, aventi diversi livelli di funzionamento cognitivo che si sviluppano durante il corso della vita. L’ordinamento di questi stadi è fisso e universale malgrado si rilevino delle differenze individuali determinate da fattori culturali e ambientali. 
Ciascuno stadio presume l’esistenza di una particolare organizzazione psicologica e il passaggio da uno stadio all’altro è direttamente proporzionale all’età e chiaramente varia da un bambino all’altro, in relazione all’ambiente e la cultura. Ogni stadio è diverso dal precedente, poiché presenta caratteristiche e regole specifiche. Inoltre, una volta raggiunto uno stadio si apprendono una serie di capacità che saranno integrate agli stadi successivi (integrazione gerarchica tra stadi). 
LE TAPPE 
Secondo Jean Piaget l’intelligenza, è una funzione cognitiva che permette l’adattamento all’ambiente e garantisce l’equilibrio tra le diverse strutture cognitive. Questo processo chiamato equilibrazione consente di implementare conoscenze e di apprendere nuove strutture cognitive sempre più dettagliate della realtà. Si tratta di due funzioni intellettive innate che permettono la creazione e l’apprendimento delle diverse strutture cognitive: l’organizzazione, ovvero la combinazione e l’integrazione degli schemi disponibili in ogni individuo in sistemi coerenti o in corpi di conoscenza che prendono il nome di strutture; l’adattamento che si divide in assimilazione e accomodamento, consistono in processi di aggiustamento alle richieste dell’ambiente. 
Più nel dettaglio, l’assimilazione è la ripetizione di una capacità cognitiva già presente nel proprio repertorio comportamentale, come ad esempio buttare a terra gli oggetti, mentre l’adattamento consiste nella modificazione di comportamenti già acquisiti in relazione al contesto in cui si vive, ad esempio muovere l’oggetto invece di buttarlo a terra quando si scopre che può produrre un suono piacevole. 
I due processi si alternano per cercare di individuare un equilibrio omeostatico costante che porta a una sorta di controllo della realtà circostante. Quindi, se dovesse sopraggiungere una nuova informazione non contemplata all’interno degli schemi esistenti, si crea una sorta di disequilibrio. A questo punto il bambino prova a individuare un nuovo equilibrio modificando gli schemi cognitivi già esistenti incorporando le nuove conoscenze acquisite. 
GLI STADI Gli stadi, come definiti dallo stesso Piaget, si suddividono in: 
  • Stadio senso-motorio da 0 ai 2 anni 
  • Stadio pre-operatorio dai 2 ai 6 anni 
  • Stadio operatorio concreto dai 6 ai 12 
  • Stadio operatorio formale dai 12 anni in poi. 

  1. STADIO SENSO-MOTORIO  
In questo periodo, il bambino esplora e si relaziona con l’ambiente attraverso i sensi e le capacità motorie che piano piano si perfezionano. Da semplici azioni di “riflesso” passa gradualmente ad un’ intenzionalità delle sue azioni, riuscendo a differenziare il suo corpo dagli oggetti esterni e dare uno scopo a quello che fa. In questo periodo (più specifico tra i 18/24 mesi) si sviluppa il famoso senso di permanenza di un oggetto, inteso come la capacità di capire che un oggetto esterno esiste indipendentemente dalla consapevolezza di esso e che pertanto può muoversi, spostarsi, apparire e sparire secondo un’azione ben precisa. Per alimentarne lo sviluppo, il metodo Montessori progetta e crea diversi materiali specifici, come ad esempio, la scatola per imbucare. 

  1. PERIODO PRE-OPERATORIO 
In questo stadio, compaiono il linguaggio, il gioco simbolico e l’imitazione differita. 
 Qui il piccolo inizia una fase di riconoscimento del sé, identifica i familiari e le persone che vede spesso, comprende la propria immagine riflessa nello specchio, sviluppa bene la parola. 
 Il bambino è in grado di utilizzare immagini, simboli, parole e rappresentazioni mentali attraverso un’imitazione differita. 
 Egli è capace, quindi, d’osservare e solo in un secondo momento, a distanza di ore o interi giorni, di riprodurre quello che ha osservato, conservando una rappresentazione interna di esempio da imitare. 
Inizia il gioco simbolico. Un simbolo può rappresentare qualsiasi cosa per lui, anche se completamente diversa da quella che realmente è: ad esempio, una scatola può rappresentare un tavolo, una scopa un cavallo… 
 In questo periodo il gioco del bambino prevede il coinvolgimento di altre persone ma in lui prevale un egocentrismo intellettuale: non sa che ogni persona ha un punto di vista diverso di pensiero ma è convinto che tutti la pensino come lui e ne capiscano i pensieri. 
 Proprio per questo, vediamo bambini raccontare storie in maniera incomprensibile per l’ascoltatore. Si assiste ad una comunicazione senza connessione logica e ricca di libere associazioni. 

  1. PERIODO OPERATORIO CONCRETO  
Nello stadio operatorio-concreto, assistiamo ad uno sviluppo cognitivo più complesso, dove prevale l’uso di operazioni mentali reversibili. In questo periodo il bambino sviluppa comprensione e logica. I simboli, per lui prima utilizzati senza senso, vengono manipolati secondo una logica. Riesce a compiere operazioni mentali come sommare, sottrarre, dividere, moltiplicare, classificare, mettere in corrispondenza, tutto su basi concrete e dati tangibili. 
Si acquisisce il concetto di reversibilità: l’effetto di un’operazione può essere annullata da un’operazione opposta. Un’immagine su carta, ritagliata in vari pezzi, può essere scomposta e ricomposta rimettendo i vari pezzi di carta vicini. Il bambino riesce, man mano a comprendere le diverse quantità numeriche, lunghezze ed i volumi liquidi. Riesce a ragionare e comprendere come una tale quantità rimane la stessa anche sotto una forma diversa. 

  1. PERIODO OPERATORIO FORMALE. 
Qui le trasformazioni a livello cognitivo coinvolgono il pensiero che si sviluppa in attività mentali complesse e soprattutto astratte. Dopo i 12 anni, infatti, il bambino riesce a creare dei pensieri astratti e crearsi un pensiero immaginario, ipotetico e deduttivo anche senza una reale esperienza. Fantastica su cose che potrebbero accadere. Crea da diversi pensieri delle conseguenze logicamente possibili creandosi degli schemi di pensiero soggettivi come ad un adulto. Secondo Piaget, infatti, questo periodo conclude lo sviluppo cognitivo della persona. 

Lo sviluppo psicosessuale del bambino


                                                        

La teoria dello sviluppo psicosessuale è stata formulata da Freud in pieno periodo vittoriano (1900).  Questa straordinaria intuizione di Freud consente di differenziare la sessualità infantile con quella adulta. Occorre non identificare più la sessualità con l'attività genitale dell'individuo adulto, ma scoprire che esiste anche una sessualità nel bambino. Freud identificava la "ricerca del piacere fisico", che è presente in ogni momento della vita di un individuo, perciò definisce il bambino "perverso poliformo". Il bambino è perverso perché ricerca il piacere senza alcun interesse al fine riproduttivo. Ed è poliformo perché ricerca il piacere attraverso vari organi e tramite diverse zone erogene. 
Nel 1905, Sigmund Freud propose che lo sviluppo psicologico nell'infanzia avveniva attraverso una serie di stadi psicosessuali fissi: orale, anale, fallico, latente e genitale. 

                

Il primo stadio, che corrisponde alla fase oraleè relativo al primo anno di vita; è una fase di autoerotismo, il che vuol dire che non conosce oggetti e la zona erogena è la bocca, quindi è lì che si concentrano gli impulsi libidici e le prime manifestazioni affettivo-sessuali del bambino. Inizialmente, attraverso la l’allattamento, il bambino non viene solo nutrito, ma sperimenta le prime esperienze di piacere; è solo in una fase successiva, che la bocca non viene più utilizzata solo per la gratificazione alimentare, ma diviene un organo di conoscenza della realtà, quindi il piacere non è più legato al bisogno di essere nutrito, ma viene provocato dalla suzione di oggetti diversi dal seno, in particolare, da parti del proprio corpo, come il pollice. 
 La fase sadico-analeriguarda il secondo anno di vita, dove il bambino acquisisce un’indipendenza motoria; in questa fase, gli impulsi libidici si spostano dalla bocca alla nuova zona erogena, quella anale, grazie all’acquisizione del controllo degli sfinteri (muscoli posti nella zona anale). Il bambino sperimenta un rapporto positivo con le sue feci, perché le vive come parti del proprio corpo, quindi ora la gratificazione è legata all’atto del trattenere e lasciar andare le feci, poiché è attraverso la valorizzazione dei prodotti della defecazione che il bambino esprime le opposte tendenze che dominano in lui e che possono essere: autoerotiche, quindi il bambino può trattenerle come gratificazione personale, possono essere un segno di amore, quindi il piccolo può offrire le sue feci alla madre come un regalo e infine possono esprimere aggressività e dominio, quindi l’infante può ad esempio lasciarle andare per sporcare ed esprimere la sua ostilità.  
La fase fallica, si svolge durante il terzo e il quarto anno di vita ed è caratterizzata dalla concentrazione delle pulsioni libidiche sugli organi genitali, che quindi vanno a rappresentare la successiva zona erogena. Per quanto riguarda il bambino quindi, la zona erogena è costituita dal pene, chiamato anche fallo. Mentre, per quanto riguarda le bambine, la zona erogena è costituita dall’organo genitale femminile, in particolare dal clitoride. 
Il periodo di latenza, corrisponde all’intervallo dai cinque agli undici anni circa, questa fase è caratterizzata dalla rimozione del complesso edipico e dal fatto che la libido è dormiente, quindi le pulsioni sessuali vengono sublimate verso scopi socialmente accettabili e attività adattive È proprio in questa fase che il bambino inizia a socializzare e a sviluppare i primi rapporti amichevoli con i ragazzini del suo stesso sesso e a focalizzarsi sulle attività che caratterizzeranno il suo sviluppo, come lo sport e la scuola. 
La fase della pubertà, è caratterizzata dall’integrazione delle pulsioni parziali sotto il primato genitale, quindi lo stato di auto-erotismo lascia il posto a quello di amore oggettuale; se nella fase precedente la libido era latente, durante la fase della pubertà le pulsioni sessuali sono nuovamente investite di libido e l’oggetto d’amore incestuoso si ripresenta. Solo a seguito del ritorno edipico, l’individuo sarà capace di spostare il suo interesse verso altri oggetti esterni al nucleo familiare, maturando così la rinuncia ai genitori come oggetti sessuali infantili.                     

COMPLESSO DI EDIPO SECONDO FREUD 

Verso i tre anni, o i due anni e mezzo, il bambino diventa possessivo nei confronti della madre, chiede più coccole e tenerezze. Può anche cercare di intromettersi nell'intimità sessuale dei genitori entrando, per esempio, in camera loro senza bussare. Per quanto concerne le bambine, questa fase corrisponde al momento in cui cercano di conquistare il papà e di attirare continuamente la sua attenzione, mentre la madre diventa, al tempo stesso, una rivale ed un modello. Freud la chiama fase fallica, poiché il bambino, in piena fase di scoperta del proprio corpo, capisce che il pene è un elemento importante nell'intimità dei suoi genitori, dalla quale lui però è escluso.  Non riuscendo in queste incoscienti manovre di seduzione, spesso il bambino, tra i tre e i cinque anni, soffocherà la propria contrarietà, che finirà per esprimersi attraverso attacchi di collera e incubi. Freud definisce questa fase complesso di castrazione, che consiste nel timore di perdere il pene, poiché di fronte al proprio desiderio, il bambino pensa che la punizione inflitta dal padre sia giusta. 
Come si esce dal complesso di Edipo? Generalmente, tra i 5 e i 7 anni, si passa attraverso una fase chiamata da Freud risolutiva, durante la quale il bambino rinuncerà a prendere il posto del genitore del suo stesso sesso, respingendo nel proprio inconscio le sue emozioni e le sue passioni.  Verso i cinque o i sei anni infatti, inizia l’età in cui le bambine vogliono imitare la mamma e in cui i bambini sono felici di adottare comportamenti simili a quelli del papà e di condividere delle attività con lui. Questi comportamenti sanciscono concretamente il superamento del complesso edipico e l'ingresso in una nuova fase che accompagnerà la crescita del bambino e il suo corretto approccio psicologico nei confronti della figura paterna e materna. 
Secondo Freud, nella crescita di un bambino, un complesso di Edipo irrisolto sarebbe all'origine della maggior parte dei disordini psichici. Spesso infatti, nell'età adulta, la ricerca difficoltosa di un partner, e una conseguente relazione problematica, nasce proprio da un rapporto non risolto con il genitore del sesso opposto. In questo caso si parla appunto di complesso di Edipo non superato. Idealizzazione, rabbia repressa, incapacità di comunicare e tensioni nascoste accumulate nel tempo possono determinare una difficoltà di approccio con il sesso opposto che nasce da un rapporto tutt'altro che risolto con la madre o, nel caso del complesso di Elettra, con il padre.  Tuttavia, questo complesso sembra poter esistere solo in una famiglia nucleare (padre, madre e bambini che vivono sotto lo stesso tetto): l’emergere di nuove forme di famiglia (monoparentali, omoparentali ) conduce la psicanalisi moderna a considerare altri casi, in cui la figura paterna o materna è assente, o divisa tra due uomini o due donne. Casi come questi mostrano l'urgenza di rivedere lo schema psicoanalitico del complesso di Edipo, che la critica scientifica sta mettendo in discussione ormai da molti anni, anche per quanto riguarda le famiglie di tipo classico, con padre, madre e bambino.