lunedì 27 aprile 2020

LA FIABA


La fiaba è una narrazione originaria della tradizione popolare, caratterizzata da racconti medio-brevi centrati su avvenimenti e personaggi fantastici coinvolti in storie con a volte un sottinteso intento formativo.





 Già a partire da epoche lontane, le fiabe accompagnano la crescita e lo sviluppo infantile, da sempre rappresentano i luoghi di formazione dell’identità dei bambini e delle bambine. Principi e principesse, piccoli orfani, bambine curiose, draghi e orchi, streghe e fate hanno contribuito e ancora contribuiscono alla crescita delle giovani generazioni. La fiaba è una delle metafore più forti ed efficaci della vita e della realtà, nonché del percorso di crescita. Il linguaggio utilizzato, fatto di immagini e simboli, è facilmente comprensibile per un bambino poiché a lui molto familiare: il pensiero magico, tipico della sua organizzazione mentale e dei suoi scambi con la realtà. Una storia può essere di grande aiuto per esprimere le sue emozioni, dare loro un nome e rielaborarle. Parlare con il bambino di ciò che prova, infatti, a volte non è sufficiente: il linguaggio giusto da adottare con un bambino non è quello logico e razionale che usano gli adulti, ma una "lingua" fatta di immagini, simboli e metafore, caratteristica, appunto, del mondo delle fiabe. "Quando c'è un problema, la fiaba, con il suo linguaggio universale, ci permette di comunicare più facilmente con il bambino 
  
COME RACCONTARE LE FIABE 
La lettura, come il gioco, rappresenta un’occasione per stare con il bambino. Proposta fin dall’età prescolare, sicuramente facilita gli apprendimenti, ma costituisce prima di tutto un utile strumento di relazione. La modalità con cui si devono raccontare le fiabe varia a seconda dell’età del bambino. Ci sono alcune regole base che è bene conoscere per raccontare una fiaba in maniera avvincente, essendo l’attenzione dei bambini sempre molto labile: 



– modulare il tono della voce. Ogni personaggio ha una sua voce. 
– imitare i personaggi con gesti fisici. Se c’è freddo, imitate il brivido. Se si vuole invitare al silenzio, avvicinate l’indice alla bocca; 
– sistemare il luogo della lettura. i bambini dovranno essere comodi e vicini a voi, possibilmente senza giocattoli intorno che possano distrarli. 
Soprattutto per i bambini più piccoli, più che i contenuti delle storie, sono importanti le modalità con cui l’adulto le racconta e l’utilizzo di suoni onomatopeici 

 UTILITA’ DELLE FIABE  
Ogni fiaba vuole sempre insegnare qualcosa e trasmettere dei valori. 
La lettura delle fiabe ai bambini è importante per il loro sviluppo. Perché? 
– prima di tutto il racconto fatto da un adulto ad un bambino realizza una condivisione di interessi e di momenti piacevoli 
– attraverso la lettura delle storie, i bambini entrano in contatto con le loro emozioni trovando soluzioni e risposte alle difficoltà che devono superare, attraverso i personaggi della storia 
– attraverso le storie i bambini entrano in contatto con il bene e con il male e imparano le regole sociali 
– con la lettura si favorisce lo sviluppo cognitivo del bambino 
– la lettura di storie sviluppa la fantasia e la creatività 
– attraverso il racconto i bambini si abituano a concentrarsi 
– attraverso le storie abituiamo i bambini ad apprezzare la lettura 

Il ruolo rivestito dalla fiaba va ben oltre il semplice intrattenimento; essa costituisce infatti uno strumento educativo molto efficace. La fiaba aiuta il bambino a scoprire il proprio mondo interiore ed emotivo, avvalendosi di una forma giocosa per aiutarlo a  comprendere i sentimenti.   Il bambino entra in contatto con le diverse emozioni del racconto, imparando a riconoscerle, a nominarle e quindi esprimere. Attraverso le favole, i bambini imparano che per i problemi esistono soluzioni. In questo modo, riescono a controllare le loro paure, l’ansia, gli incubi. imparano,insomma, a misurarsi con se stessi e, in questo modo, ad affrontare i problemi della vita di tutti i giorni. Il lieto fine della fiaba aiuta ad avere speranze, a pensare che ci sono modi e strategie per affrontare il cattivo, per migliorare la propria condizione, per superare gli ostacoli. 
  
Da ciascuna fiaba ogni bambino, può quindi trarre un insegnamento adeguato alla situazione di crescita e di cambiamento, che vive ed affronta in quella specifica fase, può cogliere una propria morale ed un proprio personale insegnamento, utile per risolvere problemi o affrontare conflitti interiori tipici della sua età.  Inoltre, attraverso la fiaba il bambino, amplifica e sviluppa la creatività, l’immaginazione e la flessibilità mentale; dunque  accresce il proprio intelletto giocando e divertendosi. 
Le fiabe, oltre ad affrontare tematiche di sviluppo, aiutano gli adulti a parlare con il bambino delle tematiche più complesse: separazioni, morte, abbandoni, conflitti. Attraverso l’identificazione con i personaggi narrati, il bambino impara ad accettare il diverso, le regole e l’empatia.  
Strumento educativo per eccellenza, è, dai tempi della narrazione orale, veicolo di trasmissione di modelli di comportamento, sia per il maschile che per il femminile;  i bambini e le bambine abbiano bisogno di storie per dare un senso al proprio mondo. la letteratura può diventare in questa direzione uno strumento di coercizione o di emancipazione, a seconda di ciò che si propone ai più piccoli. 
IERI 
Quanto le fiabe dei Grimm hanno influito sul processo di socializzazione e sulla formazione dei bambini e delle bambine? Moltissimo, se si pensa alla destinazione prettamente infantile e che per più di un secolo la raccolta è stata uno dei libri più diffusi e più letti nel mondo germanico. Questo testo è spopolato praticamente in tutto il mondo. Proprio la pubblicazione della raccolta dei fratelli Grimm, infatti, rappresenta il primo momento importante della nascita della letteratura per l’infanzia Il c’era una volta diventa così luogo di “trasmissione” del mondo – da una generazione all’altra, nonché di modellamento delle menti e dell’immaginazione secondo i canoni e i modelli (repressivi) di azione tipici di quel contesto sociale e culturale, rendendoli agli occhi dei bambini e delle bambine accettabili e condivisibili. 
Il processo di identificazione, che scatta naturalmente grazie a quella “piccolezza” dell’eroe o dell’eroina “di carta”, nella quale il bambino/a non può che inevitabilmente ritrovare la propria stessa “piccolezza”, consente a quest’ultimo/a di proiettare se stesso nella vicenda raccontata e quindi di sperimentare le stesse emozioni e gli stessi sentimenti che vive il/la protagonista, positivi o negativi che siano. Così, quando alla fine la piccola Gretel getta nel forno la strega, il piccolo lettore o la piccola lettrice trae da quell’atto lo stesso senso di liberazione e lo stesso guadagno esistenziale della piccola eroina e di suo fratello Hans 
  
I bambini “bravi”, “diligenti” e operosi 
Analizziamo innanzitutto la “categoria” del maschile. La situazione di disequilibrio iniziale che costringe l’eroe all’azione rappresenta la rottura di un codice, di una norma della società patriarcale che deve restare inviolata. In questo quadro l’eroe rappresenta la norma socialmente accettata e il lieto fine, che avviene per mano sua, è il ristabilimento dell’ordine secondo quel codice. Il compito e la risoluzione dello stesso traducono simbolicamente le norme, i valori e i rapporti di potere propri della borghesia dell’Ottocento. Si potrà evidenziare che molti dei protagonisti delle fiabe sono bambini che appartengono a ceti inferiori e disagiati, che proprio grazie al loro impegno riescono a progredire socialmente, e che quindi non possono essere rappresentativi dell’etica e della società borghese. 
La loro esemplarità è invece nei valori che incarnano: parsimonia, industriosità, pazienza, obbedienza, ma anche forza e coraggio, saggezza e fedeltà, che sono, invece, propri della borghesia e che, a lungo andare possono portare a conquistare un posto più elevato nella scala sociale. Il maschile, incarnando la norma, il codice etico, non deve sbagliare e non sbaglia mai. 

Bambine “docili” e “buone” o bambine “cattive”?  
Passiamo adesso ad analizzare la “categoria” del femminile, che rispetto a quella del maschile rappresenta uno specchio “rovesciato”. Donna è infatti, in queste storie, angelo del focolare, vive e deve vivere, sin da bambina, in attesa del bacio di un principe o della scarpetta che la farà riconoscere come sposa. Sin da bambina deve essere obbediente e silenziosa. Dura la punizione se trasgredisce. 
Così Cappuccetto Rosso, così Biancaneve, così molte altre, bambine buone e “perbene”, che quando non rispettano le regole, diventando “cattive”, finiscono nelle fauci di un lupo dal quale solo un cacciatore – un uomo – potrà liberarle oppure cadono in sonni profondissimi, dai quali – guarda caso – solo un bel principe potrà risvegliarle. 
Le bambine “cattive” tornano “docili” e “buone”. 
Il processo di socializzazione “al femminile” passa dunque attraverso la trasmissione dei valori dell’obbedienza, dell’onestà, del sacrificio, dell’operosità, della pazienza, della verginità, che tutte le bambine devono imparare per diventare donne. 
  
 BIANCANEVE: ANALISI 
 Biancaneve è una bimba buona, ma soprattutto bella. Talmente bella che a soli sette anni supera per grazia la regina, tanto che lo specchio magico della donna, che da sempre le ha ricordato la sua bellezza senza pari. Una bellezza che va al di là della  norma – perché una bambina non può essere più bella di una regina – e che induce quest’ultima a cercare la maniera più efficace per riportare la situazione “all’ordine”: come tutti sappiamo chiederà al cacciatore di uccidere Biancaneve. 
E Biancaneve, che proprio grazie alla sua bellezza e alla sua dolcezza riesce a convincere l’uomo a risparmiarla. Il bosco è il luogo del disordine, dove trovano rifugio gli emarginati, coloro che non vengono riconosciuti dalla società perché “diversi”, come i nani, che abitano in una bella casetta in fondo al bosco: ordine nel caos. I nani che la abitano offrono protezione a Biancaneve a patto che lei, come ogni “brava” bambina, si occupi di prendersi cura di loro e della casa. Nel bosco, il luogo che più lontano non potrebbe essere dal mondo, dalle regole, dalla società civile, i nani riescono a ricreare un microcosmo perfettamente ordinato nel quale le regole sono quelle imposte dalla società. Regole che mettono sin da subito in chiaro con Biancaneve: alle donne spetta il compito di prendersi cura della casa, agli uomini quello di lavorare e di non far mancare loro nulla. Una bipartizione dei ruoli che, mentre investe l’ambito lavorativo, chiama in causa anche quello “di genere” Il principio di realtà e l’obbedienza alle regole, trasmesse da un ammonimento che non lascia spazio alcuno alla “trasgressione”, - “non lasciare entrar nessuno” - si scontrano ben presto con il principio di piacere: Biancaneve, attirata dalla bella stringa che la strega le offre sotto le mentite spoglie di una povera vecchina, disobbedisce e si “lascia allacciare”. Una disobbedienza che potrebbe esserle fatale, se non fosse per i nani, che, rientrati poco dopo a casa, la salvano. Di nuovo il principio di realtà e il richiamo all’obbedienza: «sta’ in guardia e non lasciar entrare nessuno, se non ci siamo anche noi>>. La fanciulla, però, si “lascia sedurre” ancora una volta, prima da un pettine – di nuovo salvata dai nani, che la ammoniscono nuovamente – e poi, fatalmente, da una mela. Una bella mela, metà bianca e metà rossa, alla quale la fanciulla, quando la strega la addenta, questa volta travestita da vecchia contadina, proprio non riesce a resistere. E quel morso da bambina “cattiva”, che presa dalla vanità ha disobbedito alle regole, le costa la vita. A disobbedire, a lasciarsi lusingare dai piaceri e dalle vanità, si rischia di finire avvelenate da una mela. Sarà ancora una volta un uomo, un principe, a ristabilire l’ordine, risvegliando fatalmente Biancaneve dal sonno profondo in cui era caduta e facendola sua sposa 

E la strega? Muore tra atroci sofferenze, proprio al ballo di nozze di Biancaneve, costretta a calzare delle scarpe arroventate e a ballarvi fino a che non cade per terra, morta. In fondo anche lei è una “cattiva” e vive al di là delle regole della convivenza civile: non è moglie e non è madre, nutre sentimenti negativi come l’invidia e l’odio, possiede i segreti della natura ed è in contatto con le sue forze oscure, che usa a danno degli altri. Se donna è secondo la morale borghese angelo del focolare, moglie e madre, solo una “matrigna” e quindi una “non madre” può arrivare ad un tale odio nei confronti della sua figliastra da desiderarne addirittura la morte e da tentare più volte di ucciderla. 
L’atrocità della morte della donna, per di più vissuta senza particolari sensi di colpa da parte di nessuno, in contrapposizione al felice destino che tocca a Biancaneve, che corona il suo sogno d’amore con le nozze con il principe, serve a rimarcare la primarietà della società patriarcale e nel contempo a trasmettere un messaggio molto chiaro alle bambine. Bisogna essere brave ed ubbidienti e non trasgredire mai.

 A partire dagli anni ‘90 le tendenze sembrano cambiare
.Si pensi, ad esempio, al Re Leone Aladdin: non solo nel titolo compare, finalmente, il nome di un personaggio di sesso maschile, ma compaiono Jasmine Nala: personaggi femminili intelligenti e coraggiose.La Bella e la Bestia (1991) è un altro esempio. Lei ama la lettura e per questo è considerata quasi un’outsider. Bella si sacrifica per il padre dimostrando un enorme coraggio. La Bestia, man mano che la storia procede, mostra una grande evoluzione psicologica: passa dall’essere un personaggio chiuso in se stesso, senza tatto e senza garbo a personaggio sensibile e intelligente.Nel 2010 Zapatero, in collaborazione con il sindacato degli insegnanti Fete-Ugt, ha lanciato il progetto Educando nell’uguaglianza: quarantaduemila opuscoli distribuiti agli insegnanti che smontano le radici della società patriarcale in cui sono scritte delle favole con nuovi valori. Le favole, spesso sottovalutate perché ritenute semplici racconti per bambini, sono un elemento culturale importante nella società e aiutano a formare il pensiero dei bambini. È giusto che le favole mantengano la componente fantastica per permettere alle bambine e ai bambini di sognare ancora per un po’, ma è altrettanto giusto fare attenzione a ciò che i bambini leggono e guardano. Sicuramente non sono solo le favole a divulgare stereotipi, idee maschiliste e il body shaming. Oggi, in particolar modo, i programmi televisivi, le riviste e i reality danno, ad adulti e bambini, esempi del tutto negativi. Ma si potrebbe azzardare una riscrittura di favole Disney – e non – in una chiave più equa per tutti. 

 LA TV PRENDE IL POSTO DELLE FIABE ? 
si sente dire che la televisioni e i cartoni, al giorno oggi, hanno sostituito le fiabe.ma la  televisione è davvero tanto nociva per i nostri bambini? Spesso genitori ed educatori criticano l’effetto della televisione sulla vita dei bambini e le motivazioni sono diverse. A differenza di un gioco con vere persone e oggetti, guardare la tv non richiede nessuna partecipazione, manipolazione fisica o concentrazione ma, allo stesso tempo, ha un fascino indiscutibile. 
Per i bimbi infatti, la combinazione di immagini e suoni, di movimenti e colori rende il televisore un mezzo con un grande potere comunicativo. anche  i cartoni e i film, che i bambini guardano, trasmettono dei valori proprio come le fiabe. Oggi svolgono un importante funzione nella crescita psicologica dei bambini e lo aiutano a dare un senso alla realtà. Attraverso l’identificazione con i personaggi i bimbi riconoscono le proprie emozioni e si avvicinano alla realtà.
 

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